“Darei l’intera Montedison per una lucciola”.
scriveva nel 1975 Pasolini, poco prima di morire, in un’accorata lettera pubblicata sul Corriere della Sera.
Da questa suggestione e da uno sguardo lanciato nella notte, nasce Stato di Grazia. L’urgenza, la necessità, è di dedicare uno sguardo attento alla delicatezza, alla fragilità che riguardano l’umano e alla sua possibilità di proiettare la luce di quella visione friabile, gentile e intermittente nell’oscurità del panorama attuale. Una danza d’amore dai codici luminosi ma misteriosi che può tornare a esistere e resistere.
C’è analogia tra l’immagine della lucciola così descritta e quella di chi fa del proprio corpo con il gesto, l’emozione e la relazione, il contatto, il movimento del corpo nello spazio, la visione, uno strumento di comunicazione e traduzione della propria realtà fragile. Piccole comunità resistenti di artigiani della sensibilità e del movimento.
Necessario quindi il tema dello Stato di Grazia inteso come condizione terrestre, incarnata e possibile. “Nella grazia c’è tutto e ancora di più. E’ il sorprendente ma non il perturbante. Accade, infatti, un tempo che è il suo – il tempo favorevole – manifestandosi all’improvviso. Stupisce ma non spaventa, perché la conseguenza della sua manifestazione è sempre un’aggiunta di bene, un incremento nel positivo, cui corrisponde un sentimento di piacere e gioia. Quando accade, essa non toglie nulla, aggiunge, dona, dà. Sorprende perché supera anche il desiderio, attraverso la donazione dell’inatteso, e così ottiene la felicità possibile, in quegli accadimenti che si sono rivelati maggiori delle speranze” . (A.Cislaghi, Charme e Chance editoriale di Spazio Filosofico 2016).
“STATO DI GRAZIA” ha come sotto testo concettuale la visione critica di Didi- Huberman in “Come le Lucciole- per una politica della sopravvivenza”, la poesia spirituale ispirata al concetto di pietas e vuoto inaugurale della filosofa A. M. Zambrano e l’ontologia fondata sul senso incarnato e sullo spazio in cui i corpi si toccano dando luogo al “corpo del senso” del filosofo Jean Luc Nancy.